Royalties pagate da società italiane a beneficiari esteri, una sentenza mette chiarezza.
A far chiarezza è stata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna decidendo il ricorso su un atto di accertamento subito da una S.r.l. modenese, difesa dall’avvocato e commercialista Daniele Giacalone
Una sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell'Emilia Romagna mette chiarezza su un tema legato alla tassazione dei beneficiari stranieri di royalties da parte di società di diritto italiano. Il caso, nella fattispecie, riguarda il rapporto tra franchisor e franchisee.
A far chiarezza è stata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna decidendo il ricorso su un atto di accertamento subito da una S.r.l. modenese, difesa dall’avvocato e commercialista Daniele Giacalone. Il caso (del valore di oltre 116mila euro fra sorte principale, interessi e sanzioni) si è delineato con la notifica delle contestazioni da parte della direzione provinciale di Modena dell’Agenzia delle Entrate sulla presunta applicazione dell’art. 25 c.4 DPR 600 del ’73, che prevede una tassazione al 30% come sostituto d’imposta per i profitti maturati in Italia da operatori economici non ivi residenti. Il Collegio, composto da Pasquale Liccardo (presidente), Alessandro Rizzieri (relatore) e Carmen Giraldi (giudice componente), ha statuito sulla vicenda dirimendo il nodo gordiano delle imposte sostitutive da pagare in materia di royalties aventi beneficiari stranieri.
La vicenda
Si trattava di un’azienda italiana affiliata a un noto brand americano di fast-food, la quale aveva pagato le royalties al franchisor, versandole alla sussidiaria europea che gestisce il marchio in Europa e non già alla holding che ha sede negli Stati Uniti. L’azienda modenese si era attenuta al pagamento delle imposte sostitutive sulla base della convenzione italo-svizzera che vieta le doppie imposizioni e che stabilisce un’aliquota ridotta al 5%. L’amministrazione finanziaria contestava invece tale scelta, sottolineando che la corresponsione delle royalties dovesse farsi nei confronti del “vero” franchisor, ossia la holding, avente sede negli USA, applicandosi quindi un regime di tassazione del 30% sulle suddette royalties secondo l’art 25 c.4 del DPR n. 600/1973, che dunque la S.r.l. modenese avrebbe dovuto corrispondere come sostituto d’imposta.
L'Agenzia chiedeva una altra aliquota
L’Agenzia chiedeva che il calcolo dell’imposta sostitutiva venisse effettuato non già sulla base dell’accordo Italia-Svizzera (che prevede in caso di royalties un’imposta sostitutiva del 5%), ma sulla base del predetto articolo, in quanto, secondo l’amministrazione finanziaria, l’azienda italiana doveva versare le imposte a mo’ di ritenuta d’acconto non alla controllata elvetica (che è responsabile del marchio per tutto il mercato europeo) ma alla “casa madre” americana, cioè alla holding. L’amministrazione, sulla base di ciò, vantava una pretesa ovviamente molto più alta a livello impositivo e asseriva che fosse l’azienda italiana a dovere provare il contrario. La difesa dell’azienda, leader nella ristorazione nel territorio modenese, ha dimostrato sia in primo grado sia in appello che l’avviso di accertamento di quegli oltre 116 mila euro pretesi da ADE fosse nullo. Infatti, secondo la difesa, l’onere della prova spetta all’amministrazione finanziaria; inoltre, cruciale è stato il tema del beneficiario effettivo delle royalties: al riguardo, la difesa dell’azienda hanno evidenziato che la controllata svizzera non è un mero collettore di royalties ma è un’azienda che ha ruoli operativi in quanto concessionaria vera e propria del marchio della nota catena di fast food per tutta l’Europa e che, pertanto, si dovesse applicare l’aliquota che prevede la tassazione al 5% sulle royalties in forza della convenzione italo-svizzera che nega le doppie imposizioni.
I difensori "luce su una questione poco chiara"
Soddisfatto della decisione è il collegio difensivo, composto dai Dottori Commercialisti Daniele Giacalone e Antonio Campofiorito, “Le questioni oggetto della causa", spiegano i commercialisti, "inquadrano il tema particolare della fiscalità delle royalties pagate da società di diritto italiano a beneficiari esteri. Una questione poco chiara su cui abbiamo fatto luce, certi che sarà di aiuto per tutti quei franchisee, affiliati a brand stranieri, i quali sono gravati da situazioni analoghe”.